ALBERI, CHIAMIAMOLI PER NOME
Stamattina giornata splendida, con cielo nitido e sole. Sui tigli di via Mazzarello stanno sbucando le foglie, ma non per tutti. Per alcuni, come quello che si vede nella foto, sul curvone della via dopo il semaforo, le foglie non sono ancora nate. E’ morto o semplicemente in ritardo? Forse le sue cellule apicali non hanno ancora raggiunto le giuste concentrazioni di zucchero e acqua per sbocciare? Non sono un botanico e non lo so, però è un fatto, in questi giorni a tutti visibile, che le singole piante reagiscono in modo diverso alla primavera, come se avessero una propria volontà. Certo, è scorretto parlare di volontà per dei vegetali, però sembra proprio che abbiano un comportamento individuale.
Se fosse così, se fossero individui, allora potremmo associare al numero con cui sono state catalogate dall’anagrafe comunale anche un nome proprio, in modo da consacrarne definitivamente l’individualità, un po’ come si faceva nelle stalle della mia giovinezza con le mucche. Non credo che questa consuetudine sia più praticata negli allevamenti intensivi moderni, perché usare un numero (graffettato su un orecchio) consente una gestione più efficiente rispetto all’uso di nomi come Bianchina, Clarabella o Principessa. Dargli un nome era un modo per umanizzare l’animale, per avere un rapporto che superasse la funzione d’uso, cioè la produzione del latte. Putroppo considerazioni come queste nel mondo attuale, dominato dalla tecnica, non interessano più.